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Wikimedia Italia/Parere legale De Angelis per Wikimedia Italia 2025

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Il documento originale (in italiano).

Il presente documento è stato commissionato da Wikimedia Italia all'avvocato Deborah De Angelis.
In questa pagina viene riportato il testo integrale, con variazioni di forma solo quando necessarie per la formattazione.

Roma, 20 marzo 2025

Parere legale sull’applicabilità delle licenze Creative Commons BY e BY-SA e degli strumenti CC0 e PDM ad una lista di materiali prodotti dagli istituti culturali e di loro titolarità.

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È stato richiesto allo scrivente studio legale un parere riguardo alla possibilità di applicare le licenze Creative Commons BY e BY-SA e/o gli strumenti CC0 e PDM ad una serie di materiali, come fornita da Wikimedia Italia, prodotti dagli istituti culturali e di loro titolarità (realizzati direttamente da istituti culturali oppure commissionati da questi ultimi).

L'iniziativa nasce nell'ambito del progetto Empowering Italian GLAMs e le successive iniziative dedicate alle istituzioni culturali italiane di Wikimedia Italia, con l’obiettivo di rispondere alla necessità di chiarire le modalità con le quali i musei statali, e gli altri istituti culturali, possono implementare l'Open Access e collaborare con i progetti Wikimedia.

Per una disamina completa, si illustreranno, dapprima, le fonti legislative nazionali di riferimento e le caratteristiche degli strumenti di condivisione CC BY, CC BY-SA, CC0 e PDM, per poi passare ad una analisi specifica dei singoli materiali indicati e alle note conclusive del parere.

I. Fonti legislative

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Le fonti legislative di riferimento nel contesto trattato sono la legge sul diritto d’autore (Legge 22 aprile 1941, n. 633, per brevità nel prosieguo “LdA”) e il Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per brevità nel prosieguo “CBC”).

Per completezza della trattazione, nel presente paragrafo vengono riportati i riferimenti anche ad altre tipologie di normativa rilevante per la condivisione dei predetti materiali, quali quella riferita alla condivisione e apertura dei dati di interesse pubblico e quella relativa alla privacy e al trattamento dei dati personali.

La legge sul diritto d’autore e i diritti connessi al suo esercizio (Legge 22 aprile 1941, n. 633)

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L’applicabilità della LdA è riservata alle opere dell’ingegno di carattere creativo e ai materiali protetti dai diritti connessi. La tutela è accordata alle “opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione” (art. 1 della LdA). Soggetto del diritto d’autore è il creatore dell’opera, sia essa individuale oppure collettiva (art. 6 e 7 della LdA). In generale, la tutela accordata dal diritto d’autore è riferibile all’autore inteso come persona fisica.

La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha delineato lo standard minimo di originalità di un’opera che deve contenere scelte libere e creative dell’autore che consentano di distinguerla da altre simili. Questo standard è stato armonizzato all'interno dell'Unione Europea nel 2009 nella causa Infopaq International A/S contro Danske Dagblades Forening.

Anche la durata della protezione dei diritti di utilizzazione economica ha ricevuto un’armonizzazione a livello europeo con la direttiva n. 116 del 12 dicembre 2006 e termina generalmente decorsi 70 anni dalla morte dell’autore. A seguito di ciò, l’opera entra a far parte del pubblico dominio, la condizione in base alla quale chiunque è libero di utilizzarla senza alcuna restrizione, eccezione fatta per il rispetto dei diritti morali nei paesi nei quali sono tutelati senza limiti di tempo (come accade in Italia).

Disciplina, altresì, rilevante nell’ambito della legislazione sul diritto d’autore è l’istituto delle eccezioni e limitazioni, che regola le fattispecie in presenza delle quali, a determinate condizioni, l’opera altrui è liberamente utilizzabile senza la necessità di ottenere una preventiva autorizzazione da parte del titolare.

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42)

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Con riguardo al Codice dei beni culturali e del paesaggio (CBC), diverse norme stabiliscono lo status di bene culturale di un’opera o altro materiale[1], così come forniscono la definizione di istituto e luogo della cultura[2]. Particolari disposizioni sono dedicate alle attività di riproduzione dei beni culturali, la cui applicabilità è estesa anche alla riproduzione digitale degli stessi. La normativa prevede delle eccezioni che consentono la riproduzione in caso di uso personale o per motivi di studio, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale ovvero quando eseguita da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione. Tali riproduzioni, però, devono essere attuate senza scopo di lucro, e i richiedenti sono tenuti al rimborso delle spese sostenute dall'amministrazione concedente[3].

I decreti del Ministero della cultura sul tariffario minimo

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Il Ministero della Cultura ha, altresì, emanato un decreto che stabilisce le tariffe minime per le riproduzioni delle immagini dei beni culturali che, nella sua ultima versione (D.M. 108 del 21/03/2024) ha modificato il precedente decreto del Ministro della cultura 11 aprile 2023, rep. n. 161, recante “Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali”, limitandone l’ambito di applicazione ai “beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura del Ministero della cultura", e non estendendosi più generalmente a quelli statali (come invece era indicato nel provvedimento precedentemente vigente D.M. 11 aprile 2023, rep. n. 161[4]). Il raggio di intervento della normativa viene quindi ristretto; non potendo esplicare effetti, ad esempio, sui beni culturali in consegna ad istituti afferenti a ministeri diversi dal Ministero della Cultura o ad altri enti territoriali[5].

Riferimenti normativi in tema di apertura dei dati del settore pubblico

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Da ultimo, per inquadrare esaustivamente la materia oggetto del parere è necessario il riferimento alle Linee Guida recanti regole tecniche per l’apertura dei dati e il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, emanate per l'attuazione del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36 (come modificato dal D. Lgs. 8 novembre 2021, n. 200, in recepimento della Direttiva 2019/1024/UE - Direttiva Open Data), adottate dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ai sensi dell'art. 12 del medesimo decreto legislativo. Sul presupposto di supportare le pubbliche amministrazioni nel processo di apertura dei dati e di riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, le linee guida forniscono indicazioni riguardo ai formati, alle modalità di pubblicazione, alla metadatazione e si applicano ai dati e documenti pubblici detenuti dalla P.A., nonchè ai dati e documenti i cui diritti di proprietà intellettuale sono detenuti da biblioteche (comprese quelle universitarie), musei e archivi, solo se il riutilizzo è autorizzato in conformità a quanto previsto dal CBC; nonchè ai dati della ricerca e ai dati territoriali. I dati di tipo aperto – come previsto nella definizione dell’art. 1, comma 1, lettera l-ter) del CAD - Codice dell’amministrazione digitale (Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82) – hanno la caratteristica di essere “disponibili secondo i termini di una licenza o di una previsione normativa che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato”. La normativa richiede che il riutilizzo dei documenti non debba essere soggetto a condizioni (cfr. art. 8, comma 2, del Decreto), anche nel caso di richieste di riutilizzo e, per tale motivo, le linee guida consigliano l’adozione di una licenza che imponga la sola attribuzione[6], fatta eccezione per le regole in materia di protezione dei dati personali.

Il Decreto introduce la regola fondamentale della gratuità della disponibilità dei dati, anche se prevede la possibilità di richiedere per il riutilizzo degli stessi i costi marginali sostenuti effettivamente per la loro riproduzione, messa a disposizione e divulgazione, nonché per l’anonimizzazione di dati personali o per le misure adottate per proteggere le informazioni commerciali a carattere riservato. Vale in questo ambito un’eccezione, nel caso in cui i dati riutilizzati provengano da musei, biblioteche ed archivi, ove è possibile determinare tariffe superiori ai costi marginali[7].

La normativa in materia di privacy e tutela dei dati personali

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Un breve cenno va alla tutela della privacy e dei dati personali la cui disciplina può rilevare nel contesto della condivisione dei materiali oggetto della presente analisi. Tale aspetto, infatti, assume particolare importanza, specialmente nell’ambiente digitale. La normativa di riferimento è costituita dal Regolamento Generale sulla protezione dei dati (GDPR n. 2016/679), recepito in Italia con il D. Lgs. 101/2018.

Inoltre, il CBC riserva una disciplina specifica in materia di protezione dei dati in relazione alla documentazione degli archivi. Ai sensi dell’art. 122 del CBC, i documenti conservati negli archivi di Stato e negli archivi storici delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico sono liberamente consultabili, ad eccezione, per quel che qui interessa, di quelli contenenti i dati sensibili, nonché i dati relativi a provvedimenti di natura penale espressamente indicati dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali, che diventano consultabili quaranta anni dopo la loro data. Il termine è di settanta anni se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare. Alle suddette disposizioni sono assoggettati anche gli archivi e i documenti di proprietà privata depositati negli archivi di Stato e negli archivi storici degli enti pubblici, o agli archivi medesimi donati o venduti o lasciati in eredità o legato. I depositanti e coloro che donano o vendono o lasciano in eredità o legato i documenti possono anche stabilire la condizione della non consultabilità di tutti o di parte dei documenti dell'ultimo settantennio. Inoltre, l’art. 126 del CBC, prevede che se il titolare di dati personali abbia esercitato i diritti a lui riconosciuti dalla normativa che ne disciplina il trattamento, i documenti degli archivi storici sono conservati e consultabili unitamente alla documentazione relativa all'esercizio degli stessi diritti. Inoltre, su richiesta del titolare medesimo, può essere disposto il blocco dei dati personali che non siano di rilevante interesse pubblico, qualora il loro trattamento comporti un concreto pericolo di lesione della dignità, della riservatezza o dell'identità personale dell'interessato.

Per quanto riguarda le interviste (scritte, audio o videoregistrate), in cui spesso può venire in essere il trattamento dei dati personali, si ricorda che è necessario adempiere alle prescrizioni previste dal GDPR.

Infine, l’immagine dell’intervistato, come dato personale, è anche protetta dalla legge sul diritto d’autore (art. 96), ma non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritratta (art. 97 LdA).

La Convenzione di Faro

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È utile un ultimo riferimento ai principi stabiliti dalla Convenzione di Faro (Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società), ratificata dall’Italia con la legge 1 ottobre 2020, n. 133. A fondamento della Convenzione c’è il riconoscimento del diritto all’accesso, alla conoscenza e all’uso dell’eredità culturale quale diritto umano fondamentale, così come previsto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. La Convenzione, pertanto, impegna i suoi partecipanti a riconoscere il patrimonio culturale come diritto ed elemento fondamentale per “lo sviluppo umano e la qualità della vita”. La Convenzione intende promuovere la valorizzazione del patrimonio culturale e del rapporto che lo lega alla comunità di riferimento, definendo gli obiettivi generali in tal senso.

Strumenti Creative Commons: CC BY, CC BY-SA, CC0, TDM

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Le licenze Creative Commons

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Le licenze Creative Commons (per brevità nel prosieguo, “licenze CC”) sono contratti standardizzati di diritto d’autore, liberamente utilizzabili da chiunque gratuitamente. Le licenze CC sono strumenti negoziali attraverso i quali il titolare dei diritti può condividere le proprie opere in modalità aperta a determinate condizioni.

Le licenze CC si basano sull’approccio "alcuni diritti riservati", in contrapposizione al diritto d'autore tradizionale che si fonda sul motto "tutti i diritti riservati". L’autore, infatti, applicando una licenza CC concede all’utente/licenziatario di default una serie di utilizzazioni per l’uso personale dell’opera (riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare), riservandosi o meno l’utilizzo a fini commerciali e la possibilità di creare opere derivate specificando le relative condizioni.

Secondo la definizione offerta dal testo della licenza CC, uso commerciale è quello prevalentemente inteso al perseguimento di un vantaggio commerciale o di un compenso monetario (art. 1, lett. i, licenza CC BY NC).

Tutte le licenze CC sono costituite dalla combinazione di clausole standardizzate attraverso le quali il titolare dei diritti (licenziante) autorizza altri soggetti (licenziatari) ad utilizzare la propria opera a determinate condizioni. Tale permesso, non revocabile, è concesso in via non esclusiva, in tutto il mondo e per tutta la durata di tutela del diritto d’autore.

L’unica clausola presente in tutte le sei licenze CC, nella loro versione 4.0, è la clausola di attribuzione “BY”, che impone all'utente di attribuire il giusto credito all'autore, fornire un link alla licenza CC utilizzata e indicare se sono state fatte eventuali modifiche all’opera originaria (c.d. TASL). Infatti, ogni volta che si riutilizzano opere rilasciate con licenza CC, è consigliato che l'attribuzione includa il Titolo, l'Autore, la Fonte (Source) e la Licenza[8].

Inoltre, Creative Commons ha indagato la metodologia da applicare per identificare la provenienza dei materiali in pubblico dominio, approfondendo le modalità corrette per l’indicazione di tale tipologia di contenuti.[9] La prassi suggerita è quella di aggiungere alle informazioni richieste dal TASL anche l’indicazione della istituzione culturale di riferimento c.d. TALIS.

Oltre alla clausola Attribuzione, esistono altre tre clausole: “Non opere derivate - ND”, che impedisce la creazione di opere derivate; “Non commerciale - NC”, che impedisce l’utilizzo dell’opera per finalità commerciali; e “Condividi allo stesso modo - SA”, che consente la creazione di opere derivate solo a condizione che le stesse vengano distribuite con la stessa licenza dell’opera originaria o con licenza ad essa compatibile.

Le sei licenze CC sono: CC BY, CC BY-SA, CC BY-NC, CC BY-ND, CC BY NC-SA, CC BY NC-ND.

Le licenze CC BY e CC BY-SA

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Per quanto rileva ai fini del presente parere, si analizzeranno le licenze CC BY e CC BY-SA.

La licenza CC BY è la più aperta delle licenze CC. Attraverso l’applicazione della predetta, infatti, il titolare dei diritti autorizza qualsiasi tipo di utilizzo dell’opera anche per finalità commerciali, imponendo solo la corretta attribuzione dell’opera.

La licenza CC BY-SA, invece, consente anch’essa qualsiasi tipologia di utilizzo dell’opera, anche per fini commerciali, ma qualora si intenda distribuire un’opera derivata, a quest’ultima deve essere applicata la stessa licenza dell’opera originaria o una licenza compatibile con la stessa. In questo modo, la licenza CC BY-SA crea una sorta di effetto virale in favore della condivisione aperta. Come tutte le licenze CC, richiede l’attribuzione.

Gli strumenti CC per il pubblico dominio

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Oltre alle sei licenze di diritto d’autore, Creative Commons fornisce due strumenti per il pubblico dominio: “CC Public Domain Mark (PDM)” e “CC0 dedication to the public domain[10]”. Quest’ultimo consente di rilasciare nel pubblico dominio in tutto il mondo un’opera della quale si detengono i diritti (cd. waiver/rinuncia) senza prevedere alcuna restrizione per il riuso (fatto salvo il rispetto dei diritti morali nei soli paesi che li riconoscono). Recentemente, Creative Commons ha risposto all’esigenza manifestata dagli enti culturali di poter indicare, nel rilascio del contenuto in CC0, la fonte della digitalizzazione aggiungendo il riferimento nei crediti (CC0 + Attribution Request)[11].

È utile notare che, nel caso di materiali rilasciati volontariamente in pubblico dominio con l’utilizzo di CC0, la nota di attribuzione non può essere coercibile, ossia non è giuridicamente obbligatoria, ma ricopre solo il valore di un impegno di cortesia, a differenza di quanto, invece, accade con la clausola BY delle licenze CC, che è obbligatoria se applicata ad un contenuto proteggibile.

Ugualmente, qualora si applichi una licenza CC ad un contenuto non protetto dal diritto d’autore, le clausole contrattuali, inclusa l’attribuzione di paternità, non saranno coercibili in quanto la licenza di diritto d’autore non produrrà i propri effetti in relazione ad un contenuto che non è qualificabile come opera dell’ingegno.

Il PDM[12], invece, è uno strumento privo di effetti giuridici, inteso come una sorta di etichettatura che attesta lo stato di pubblico dominio dell’opera in tutto il mondo da parte di chiunque sia a conoscenza di tale circostanza. Seppure Creative Commons non prevede un sistema per l’indicazione delle informazioni sulla provenienza, gli istituti culturali a ciò interessati possono accompagnare l’etichetta del PDM con tali indicazioni e una richiesta di cortesia di mantenerle.

Infine, si evidenzia che la scelta dell’utilizzo di uno dei predetti strumenti per il pubblico dominio può in alcuni casi essere guidata non da una interpretazione legata a motivazioni strettamente riconducibili ai principi rilevanti nella disciplina del diritto d’autore. In tal senso, in alcuni casi l’utilizzo di CC0 viene comunque preferito, seppur in presenza di contenuti già in pubblico dominio. Come, infatti, indicato dal “legal code[13]” di CC0, un materiale potrebbe ricevere protezione sia per quanto riguarda i diritti d’autore di utilizzazione economica (diritto di riprodurre, adattare, distribuire, eseguire, esporre, comunicare e tradurre un'opera), che per i diritti morali detenuti dall'autore originale e/o dagli interpreti; ma anche per i diritti di immagine e di privacy in relazione ai segni distintivi di una persona o alla somiglianza di una persona rappresentata in un'opera; per i diritti che proteggono contro la concorrenza sleale riguardo a un'opera; per i diritti che proteggono l'estrazione, la diffusione, l'uso e il riuso dei dati contenuti in un'opera; e per i diritti sulle banche dati e altri diritti simili, equivalenti o corrispondenti in tutto il mondo basati sulla legge applicabile o trattato, e su qualsiasi sua implementazione nazionale. Con l’applicazione di CC0 anche tali altre tipologie di diritti sono oggetto di rinuncia.

Peraltro, si ricorda che l'uso di CC0 facilita il riuso da parte dei volontari, rende esplicita l'autorizzazione a tutti i riusi, garantisce l'interoperabilità con Wikidata e, quindi, viene raccomandato anche per la condivisione dei metadati.

Analisi dei singoli materiali creati e prodotti direttamente dall'istituzione culturale

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Come anticipato, per la presente disamina si presuppone che le varie tipologie di materiali e contenuti siano creati/prodotti direttamente dall’istituzione culturale senza l’uso di contenuti e/o materiali di terzi. Infatti, si specifica che, se la creazione e/o produzione dei contenuti e/o materiali è avvenuta da parte di un lavoratore dipendente, nell’ambito delle proprie funzioni, o da un terzo su commissione (nell’ambito di un contratto di prestazione d’opera o di un contratto di appalto, entro i limiti dell'oggetto e delle finalità del contratto stesso), i diritti di utilizzazione economica sono di titolarità dell’istituzione culturale stessa[14] mentre il diritto morale è riservato esclusivamente all’autore degli stessi. Si precisa che in caso di contratto di committenza, le parti possono stabilire una diversa titolarità dei diritti di utilizzazione dell’opera commissionata in favore del commissionario. È, ad esempio, il caso delle fotografie ove, salvo patto contrario e il pagamento di un equo compenso al fotografo, i diritti di utilizzazione economica spettano al committente; il contratto può comunque prevedere che il titolare sia invece il fotografo stesso (commissionario).

In via generale, si specifica sin d’ora che, qualora così non fosse, l’utilizzo dell’opera da parte dell’istituzione potrà avvenire soltanto qualora quest’ultima abbia ottenuto l’autorizzazione dal titolare dei diritti.

È interessante osservare che, qualora l’istituzione acquisisca il possesso/detenzione di un’opera dell’ingegno, ancora sotto protezione, in virtù di un negozio e/o contratto diverso da quello di commissione (ad. es. donazione, prestito), al fine della maggiore disponibilità al riuso, sarà necessario ottenere anche la cessione/concessione dei diritti di utilizzazione economica della stessa che, in base al principio di indipendenza stabilito dall’art. 19 della LdA, dovranno essere indicati espressamente.

Si ricorda, inoltre, che se all’interno dei contenuti e/o materiali è presente una riproduzione di un bene culturale custodito dall’istituzione e quest’ultima è un istituto o luogo della cultura del Ministero della cultura, si applicherà il D.M. 108 21/03/2024, che fissa le tariffe minime a fronte di eventuali usi lucrativi da parte di terzi. In tutti gli altri casi in cui l’istituzione non rientra in tale inquadramento, vi è ancora la discrezionalità (in base agli artt. 107-108 CBC) da parte dell’istituzione stessa di poter optare per il rilascio della concessione a canone zero anche per fini commerciali.

Si procede ora all’applicazione dei predetti principi generali alle diverse tipologie di materiali e contenuti (su indicazione di Wikimedia Italia) che un’istituzione culturale può produrre nello svolgimento della propria attività di tutela, promozione e valorizzazione delle collezioni, al fine di identificare le possibili forme di divulgazione degli stessi con licenze e strumenti Creative Commons.

Tipologia di materiale Analisi Licenza/Strumento CC
Materiale didattico È il materiale utilizzato a supporto dell’insegnamento e dell’apprendimento. All'interno di tale categoria possono rientrare diverse tipologie di contenuti e/o materiali (testi, immagini, diagrammi, schemi, mappe concettuali, video, etc.) qualificabili o meno come opere dell’ingegno, finalizzati ad uno specifico scopo didattico. All’interno del materiale didattico potrebbe a sua volta essere riportata un’immagine di un bene culturale. Se il contenuto del materiale ddattico ricopre carattere creativo ed è, quindi, proteggibile dalla legislazione in materia di diritto d’autore, il titolare dei diritti di utilizzazione economica, ossia l’istituzione culturale, ha la facoltà di applicare la licenza CC BY o CC BY-SA, ai fini della condivisione aperta del materiale stesso. Qualora l’istituzione non fosse interessata alla protezione giuridica del materiale didattico, potrebbe rilasciare quest’ultimo con lo strumento che prevede la rinuncia del diritto d’autore, CC0 e contestualmente mantenere una nota sulla provenienza (CC0 + Attribution Request).

Se il materiale didattico, invece, non è originale e quindi tutelabile dalla legge sul diritto d’autore, si può applicare PDM.

Nel caso in cui il materiale didattico contenga riproduzioni di beni culturali, l’istituzione potrà utilizzare i predetti strumenti, salvo il caso in cui sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024.

Volantini È definibile come materiale informativo stampato o digitale, di solito di piccolo formato, concepito per la distribuzione rapida e destinato a comunicare un messaggio promozionale, informativo o divulgativo a un ampio pubblico. All’interno di tale categoria

possono essere riprodotte diverse tipologie di contenuto (testi descrittivi, disegni, piantine, etc.), proteggibili o meno dalla legislazione in materia di diritto d’autore. Il volantino stesso può ricoprire il valore di opera dell’ingegno (potendosi inquadrare, a seconda della sua strutturazione, come opera derivata o come opera collettiva).

Se il volantino è creativo e le sue componenti sono tutte di creazione autoriale da parte dell’istituzione, quest’ultima è libera di poter applicare una licenza aperta CC BY o CC BY-SA, permettendo in tal modo il libero riuso, per ogni finalità.

Vale anche qui l’assunto della possibilità di rinunciare a far valere la protezione del diritto d’autore per il rilascio del volantino, se proteggibile, nel pubblico dominio con l’adozione dello strumento CC0 e contestualmente mantenere una nota sulla provenienza (CC0 + Attribution Request).

Nel caso in cui, invece, il volantino non abbia un carattere creativo, l’istituzione potrebbe etichettarlo con lo strumento PDM.

Infine, se il volantino contiene riproduzioni di beni culturali, l’istituzione potrà utilizzare i predetti strumenti, salvo il caso in cui sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024.

Didascalie delle immagini Per didascalia si intende una breve descrizione o spiegazione che accompagna un'immagine, un'illustrazione o una foto. Ha l'obiettivo di fornire ulteriori dettagli, contestualizzare l'immagine o spiegare cosa rappresenta, in modo che il lettore o l'osservatore possa comprenderne meglio il significato o il contesto.

In ambito informativo o scientifico, le didascalie tendono ad essere descrittive, con l'obiettivo di chiarire l'immagine senza avere di per sé carattere creativo.

Solo in casi specifici e residuali, le didascalie possono essere creative, ad esempio, nell'accompagnare un'immagine in modo accattivante, coinvolgente, o anche ironico. In queste ipotesi, la didascalia diventa parte integrante del messaggio visivo e può utilizzare giochi di parole, metafore o toni creativi per suscitare emozioni o riflessioni nel pubblico.

Se la didascalia non ricopre carattere creativo, come generalmente accade, è utilizzabile lo strumento PDM.

Invece, se la didascalia ricopre carattere creativo, sono applicabili le licenze CC BY o CC BY SA.

Qualora l’istituzione non fosse interessata alla protezione giuridica della didascalia, potrebbe rilasciare quest’ultima con lo strumento che prevede la rinuncia del diritto d’autore, CC0 e contestualmente mantenere una nota sulla provenienza (CC0 + Attribution Request).

Disegni degli spazi Nel settore della progettazione architettonica, urbanistica, o grafica, si tratta di rappresentazioni visive che mostrano come gli spazi sono strutturati e organizzati. Di solito quindi sotto questa veste non si rileva un carattere di creatività tale da giustificare la protezione. Questi disegni possono avere diverse forme, a seconda dello scopo perseguito:
  • Pianta: una vista dall'alto di uno spazio, che mostra le pareti, le porte, le finestre e la disposizione degli arredi. Se ne esclude generalmente la proteggibilità.
  • Sezione: una vista settoriale di un edificio o di uno spazio, che mostra la distribuzione verticale degli spazi, (soffitti, pavimenti, finestre, e solai). Se ne esclude generalmente la proteggibilità.
  • Prospetto: una vista laterale o frontale di un edificio o di un ambiente, che mostra come appare l'edificio dal di fuori o da un'angolazione specifica. Se ne esclude generalmente la proteggibilità.
  • Schizzo concettuale: un disegno più libero e creativo, che può rappresentare uno spazio in modo stilizzato o astratto. In questo caso, si potrebbe riscontrare la tutelabilità ai sensi del diritto d’autore.
  • Diagrammi di flusso o spazi funzionali: disegni che mostrano come le diverse aree o funzioni di uno spazio si collegano tra loro e come vengono utilizzate (schemi semplificati o mappe concettuali). A differenza del grado di originalità potrebbero essere considerati o meno proteggibili.
  • Rendering 3D: una rappresentazione tridimensionale dello spazio che aiuta a visualizzare l'aspetto finale di un ambiente, spesso realizzata al computer. A differenza del grado di intervento umano nella realizzazione della riproduzione può essere o meno proteggibile.
Se i disegni hanno carattere creativo, sono applicabili le licenze CC BY o CC BY SA, o lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Se, invece, i disegni non hanno carattere creativo, è utilizzabile lo strumento PDM.

Nel caso in cui il disegno riproduca beni culturali, l’istituzione potrà utilizzare i predetti strumenti, salvo il caso in cui sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024.

Si noti che il disegno stesso potrebbe rientrare nella definizione di bene culturale, ad esempio, nel caso di un disegno storico depositato in un archivio.

Fotografie degli interni dell’istituzione (vedute d’insieme degli interni, non singole opere) Le fotografie d’insieme degli interni sono fotografie che riproducono un ambiente dell’istituzione culturale al cui interno possono essere presenti vedute parziali dei locali dell’istituzione. In questo ultimo caso, andrà considerata l’ipotesi in cui il luogo stesso sia un bene culturale, e quindi soggetto alle limitazioni sulla riproduzione a fini di lucro come stabilite dal CBC.

In generale, la fotografia potrebbe riprendere opere che possono essere ancora sotto protezione del diritto d’autore o in pubblico dominio e/o rientrare nella disciplina dei beni culturali.

A seconda, dunque, delle caratteristiche del contenuto ritratto nella fotografia, andrà valutata la modalità con cui rilasciare la stessa.

Se la foto ha carattere creativo (opera fotografica), o è una fotografia semplice tutelata dai diritti connessi, sono applicabili le licenze CC BY o CC BY SA, o lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Se, invece, la foto non è tutelabile dal diritto d’autore o dai diritti connessi, è utilizzabile lo strumento PDM[15].

Nel caso in cui la fotografia di interni riproduca un bene culturale, inteso come luogo o come oggetti all’interno custoditi, l’istituzione, a meno che non sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024, potrà rilasciare la fotografia con gli strumenti predetti.

Diverso il caso, qualora all’interno della fotografia siano ritratti beni culturali che, allo stesso tempo, rivestono la qualifica di opere dell’ingegno ancora soggette a tutela in cui è necessario ottenere dai titolari dei diritti l’autorizzazione alla realizzazione della foto e al rilascio con licenza o strumento CC.

Opere della collezione fotografate all’interno dell’allestimento es. nella teca, alla parete (non riproduzioni fedeli dell’immagine) A differenza del caso che precede, non vi è qui un problema relativo alla ripresa fotografica di un luogo che possa essere esso stesso tutelato come bene culturale, ma restano invariate le questioni relative alla riproducibilità di un bene culturale e alla sua condivisione con licenze o strumenti aperti che ne consentono anche l’utilizzo per fini di lucro.

Allo stesso modo, restano valide le riflessioni in materia di tutelabilità in base al diritto d’autore delle fotografie che riprendono le opere delle collezioni.

Se la foto ha carattere creativo (opera fotografica), o è una fotografia semplice tutelata dai diritti connessi, sono applicabili le licenze CC BY o CC BY SA, o lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Se, invece, la foto non è tutelabile in alcun modo, è applicabile solo lo strumento PDM.

Nel caso in cui la fotografia riproduca un bene culturale, l’istituzione, a meno che non sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024, potrà rilasciare la fotografia con i predetti strumenti.

Diverso il caso, qualora all’interno della fotografia siano ritratti beni culturali che, allo stesso tempo, rivestono la qualifica di opere dell’ingegno ancora soggette a tutela in cui è necessario ottenere dai titolari dei diritti l’autorizzazione alla realizzazione della foto e al rilascio con licenza o strumento CC.

Documenti di archivio I documenti di archivio sono insiemi di atti, scritti, registrazioni o materiali di qualsiasi natura, prodotti o ricevuti da persone fisiche, enti pubblici o privati nello svolgimento della loro attività, e conservati per il loro valore giuridico, amministrativo, storico o culturale.

Oltre alle limitazioni già esaminate che riguardano la disciplina dei beni culturali e del diritto d’autore, i documenti di archivio possono essere soggetti, in virtù della loro natura, a limitazioni alla loro consultabilità in relazione anche alla tutela del diritto alla riservatezza.

Si noti che, in tale ambito, può essere rilevante anche la specifica disciplina sulle opere fuori commercio[16].

Se la riproduzione del documento d’archivio non è proteggibile dal diritto d’autore (fotografie documentali), potrà essere applicato lo strumento PDM.

Nell’ipotesi residuale in cui la riproduzione del documento d’archivio sia un’opera dell’ingegno, la stessa può essere rilasciata con licenza CC BY o CC BY SA o con lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Nel caso in cui il documento d’archivio contenga la riproduzione di un bene culturale, l’istituzione, a meno che non sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024, potrà applicare i predetti strumenti.

Locandine di esposizioni con immagini di vedute di insieme o immagini “grafiche" Le locandine sono uno strumento per la comunicazione/promozione di eventi culturali. Se rivestono un carattere creativo, possono essere tutelate dal diritto d’autore e l’istituzione può essere il titolare dei diritti di utilizzazione economica in base alle regole generali indicate in premessa. Se la locandina è un’opera dell’ingegno può essere rilasciata con licenza CC BY o CC BY SA o con lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Se la locandina non è proteggibile dal diritto d’autore, potrà essere applicato lo strumento PDM.

Nel caso in cui la locandina riproduca un bene culturale, l’istituzione, a meno che non sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024, potrà rilasciare la fotografia con i predetti strumenti.

Diverso il caso, qualora all’interno della fotografia siano ritratti beni culturali che, allo stesso tempo, rivestono la qualifica di opere dell’ingegno ancora soggette a tutela in cui è necessario ottenere dai titolari dei diritti l’autorizzazione alla realizzazione della foto e al rilascio con licenza o strumento CC.

Immagini usate per la comunicazione di iniziative culturali In tal caso, si intendono immagini che gli uffici di comunicazione degli istituti culturali mettono a disposizione della stampa o di blogger e influencer per attività di promozione di iniziative culturali. Se l’immagine è un’opera dell’ingegno può essere rilasciata con licenza CC BY o CC BY SA o con lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Se l’immagine non è proteggibile dal diritto d’autore potrà essere applicato lo strumento PDM.

Nel caso in cui l’immagine riproduca un bene culturale, l’istituzione, a meno che non sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024, potrà rilasciare la fotografia con i predetti strumenti.

Diverso il caso, qualora all’interno dell’immagine siano ritratti beni culturali che, allo stesso tempo, rivestono la qualifica di opere dell’ingegno ancora soggette a tutela e l’istituzione non abbia ottenuto dai titolari l’autorizzazione alla realizzazione della foto.

Immagini prodotte per strumenti interattivi (ricostruzioni, disegni, ambientazioni) Si intendono rappresentazioni visive generate attraverso strumenti digitali per essere utilizzate in ambienti interattivi. Queste immagini possono includere ricostruzioni virtuali, modelli 3D, simulazioni o visualizzazioni dinamiche, spesso destinate a supportare la fruizione di contenuti culturali, educativi o scientifici, per esempio, quando si tratta di modelli basati su dati storici o archeologici. Se l’immagine è un’opera dell’ingegno può essere rilasciata con licenza CC BY o CC BY SA o con lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Se l’immagine non è proteggibile dal diritto d’autore potrà essere applicato lo strumento PDM.

Nel caso in cui l’immagine riproduca un bene culturale, l’istituzione, a meno che non sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024, potrà rilasciare la fotografia con i predetti strumenti.

Diverso il caso, qualora all’interno dell’immagine siano ritratti beni culturali che, allo stesso tempo, rivestono la qualifica di opere dell’ingegno ancora soggette a tutela e l’istituzione non abbia ottenuto dai titolari l’autorizzazione alla realizzazione della foto.

Interviste Le interviste (orali o scritte) possono avere carattere creativo ed essere tutelate dalla legge sul diritto d’autore come opere dell’ingegno.

La giurisprudenza è unanime nel ritenere che l’attività creativa da sottoporre a tutela sia di titolarità dell’intervistatore, in quanto colui che ha ideato le domande da porre e l’impostazione del colloquio. La creatività dell’intervista deve essere rinvenibile nell’elaborazione dei testi della stessa, nella conduzione finalizzata alla delineatura della personalità dell’intervistato e nella evidenziazione dei dati salienti ed "interessanti" di essa e non nel mero fatto narrativo registrato[17]. Solo nel caso in cui sia l’intervistato a preparare autonomamente le domande e le risposte, ovvero a diffondersi sulle questioni trattate, limitandosi l'intervistatore a proporre gli argomenti oggetto dell’intervista in forma di semplici domande, l’"autore" dell’intervista può identificarsi con il primo[18]. Si specifica, inoltre, che può verificarsi il caso in cui l’intervistatore e l’intervistato possano essere considerati co-autori dell’intervista, qualora entrambi apportino il proprio contributo creativo nei termini sopra descritti.

La legge sul diritto d’autore tutela anche la figura del diritto connesso dell’artista interprete esecutore che potrebbe sorgere qualora il contributo audio video contenga esecuzione e/o interpretazioni artistiche, riservando all’artista la facoltà esclusiva di autorizzare la fissazione, riproduzione, comunicazione o messa a disposizione del pubblico delle registrazioni delle proprie interpretazioni/esecuzioni.

In caso di secondarie utilizzazioni in pubblico delle interpretazioni/esecuzioni artistiche, gli artisti interpreti ed esecutori hanno diritto di richiedere il pagamento di un equo compenso, anche quando l’utilizzazione del materiale non è a scopo di lucro.

Solo nel caso di utilizzo a scopi didattici e nell’ambito della comunicazione istituzionale fatta dall'Amministrazione dello Stato o da enti a ciò autorizzati dallo Stato, non è previsto alcun compenso[19].

Se le interviste hanno carattere creativo, sono applicabili le licenze CC BY o CC BY SA o lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Se, invece, le interviste non hanno carattere creativo, è utilizzabile lo strumento PDM.

Testi per cataloghi I testi presenti nei cataloghi possono avere diverse funzioni, come fornire ulteriori dettagli, contestualizzare o spiegare le opere e l’attività artistica del creatore, nonché riportare informazioni che consentono al lettore di comprenderne meglio il significato o il contesto. Questa tipologia di testi può avere o meno carattere creativo. Si premette che, nel caso in cui il testo non sia appositamente scritto per il catalogo, ma venga riprodotto da un’altra pubblicazione, è l’editore il titolare dei diritti a cui chiedere l’autorizzazione (salvo diverso accordo tra le parti, o salva diversa indicazione nel catalogo).

Se il testo, invece, è di titolarità dell’istituto culturale e ricopre carattere creativo, sono applicabili da quest’ultimo le licenze CC BY o CC BY SA o lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Se i testi non ricoprono carattere creativo, è utilizzabile lo strumento PDM.

Sito web dell’istituzione Il sito web dell’istituzione è una pagina web all’interno della quale quest’ultima carica contenuti di vario tipo, come testi, immagini e materiale audio video.

Il sito web può avere carattere creativo nella scelta della grafica, dei contenuti stessi, dell’ordine, dell’impaginazione, e nel complesso può qualificarsi come un’opera collettiva realizzata, appunto, dall’unione di opere o parti di opere, di autori diversi per uno scopo determinato[20]. In tali casi è necessario distinguere l’attività creativa degli autori delle singole opere, e quella di chi sceglie, dispone, coordina le predette per la realizzazione di un’opera collettiva, l’autore dell’opera collettiva. I contenuti del sito internet, dunque, possono essere materiali non protetti dal diritto d’autore, materiali in pubblico dominio, materiali ancora tutelati dal diritto d’autore, riproduzioni di beni culturali, e ognuno di essi, oltre ad avere un regime di protezione differente potrebbe avere titolarità diverse.

Il sito web dell’istituzione può essere rilasciato con una licenza CC BY o CC BY SA indicata in evidenza nella footer e/o header delle pagine del sito, con eventualmente a fianco la dicitura “tranne dove diversamente indicato”. In questo modo, in presenza di contenuti non condivisibili con le predette licenze, sarà possibile indicare diversi strumenti o licenze, o un diverso regime dei diritti.
Le opere grafiche (gabinetto della grafica) Possono essere definite come rappresentazioni visive realizzate attraverso tecniche di incisione, stampa, disegno o altre metodologie di riproduzione su supporto bidimensionale. Rientrano in questa categoria le stampe d’arte, le litografie, le xilografie, le serigrafie, le acqueforti e le opere prodotte con tecniche miste.

Nel contesto di un Gabinetto della Grafica, che solitamente è una sezione museale o archivistica dedicata alla conservazione e allo tudio delle opere grafiche, queste possono comprendere:

  • disegni e schizzi originali;
  • incisioni e stampe d’arte;
  • manifesti e illustrazioni storiche;
  • bozzetti preparatori per altre opere.
La serialità con cui tali opere grafiche possono essere riprodotte non modifica le conclusioni dedotte per le altre tipologie di opere dell’arte visiva.

L’opera grafica può essere rilasciata con licenza CC BY o CC BY SA o con lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Nel caso in cui l’opera grafica riproduca un bene culturale, l’istituzione, a meno che non sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024, potrà rilasciare la fotografia con i predetti strumenti.

La stessa opera grafica, inoltre, potrebbe rientrare nella definizione di bene culturale.

Diverso il caso, qualora all’interno dell’opera grafica siano ritratti beni culturali che, allo stesso tempo, rivestono la qualifica di opere dell’ingegno ancora soggette a tutela e l’istituzione non abbia ottenuto dai titolari l’autorizzazione alla realizzazione della foto.

Immagini di beni demo-etno-antropologici Vengono ricompresi nella categoria di “bene demoetnoantropologico” i “beni materiali e immateriali che appartengono alle tradizioni di gruppi umani europei ed extra-europei e testimoniano il tessuto culturale fondante delle differenti comunità. Sono beni immobili, collezioni di beni mobili e documentazioni storiche; ma anche beni immateriali come ad esempio cerimonie, musiche, leggende e dialetti o lingue”[21]

Si tratta, dunque, di una categoria piuttosto ampia che può ricomprendere al suo interno sia opere protette dal diritto d’autore e/o in pubblico dominio, sia beni non soggetti alla tutela del diritto d’autore, sia beni rientranti nella categoria di bene culturale.

Se l’immagine è un’opera dell’ingegno può essere rilasciata con licenza CC BY o CC BY SA o con lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Se l’immagine non è proteggibile dal diritto d’autore potrà essere applicato lo strumento PDM.

Nel caso in cui l’immagine riproduca un bene culturale, l’istituzione, a meno che non sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024, potrà rilasciare la fotografia con i predetti strumenti.

Diverso il caso, qualora all’interno dell’immagine siano ritratti beni culturali che, allo stesso tempo, rivestono la qualifica di opere dell’ingegno ancora soggette a tutela e l’istituzione non abbia ottenuto dai titolari l’autorizzazione alla realizzazione della foto.

Immagini di collezioni naturalistiche (es. minerali, fossili, animali imbalsamati) Le collezioni naturalistiche trattano, in senso lato, i prodotti della natura classificabili come minerali, vegetali e animali, comprensivi dell’uomo.

Questa tipologia di materiali non può essere qualificata come opera dell’ingegno di carattere creativo, e dunque non gode della tutela del diritto d’autore.

I beni naturalistici, però, possono rientrare nell’inquadramento di bene culturale e dunque essere assoggettati al regime del CBC.

Le immagini fedeli di beni naturalistici possono essere etichettate con lo strumento PDM.

Se l’immagine ha, a sua volta, un carattere creativo e può essere qualificata come opera fotografica dell’ingegno oppure inquadrata come fotografia semplice, sono applicabili CC BY o CC BY SA, o lo strumento CC0.

Nel caso in cui si applichi CC0 e si voglia contestualmente mantenere una nota sulla provenienza si può usare CC0 + Attribution Request.

Nel caso in cui il bene naturalistico riprodotto sia qualificabile come bene culturale, l’istituzione potrà utilizzare i predetti strumenti, salvo il caso in cui sia sottoposta all’obbligo di rispettare il D.M. 108 del 21.3.2024.

Conclusioni

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Dall’analisi del prospetto dei singoli elementi, emerge la necessità di una valutazione caso per caso per l’accertamento dell’applicabilità o meno delle varie regole e/o principi generali che possono incidere sulla fattispecie.

La ricostruzione qui fornita si propone come uno strumento utile per gli istituti culturali che desiderano adottare politiche di accesso aperto, facilitando il processo di orientamento nell'applicazione delle normative giuridiche pertinenti.

Come si evince dalla lettura della griglia sopra riportata, che dettaglia le licenze e gli strumenti applicabili per ciascun materiale o contenuto esaminato, è chiaro che le stesse regole tendono a ripetersi. Tuttavia, ciò implica che l’interprete o l'ente culturale che intende applicarle debba sempre procedere con una disamina approfondita e preventiva delle norme specifiche da adottare per ogni caso concreto previo il necessario e corretto inquadramento di ciascun contenuto/materiale oggetto di condivisione.

In definitiva, l'approccio flessibile e contestualizzato proposto dall'analisi consente alle istituzioni culturali di navigare le complessità giuridiche relative ai diritti d'autore e alla condivisione dei contenuti, e alla interpretazione delle norme del CBC e della regolamentazione discendente, garantendo nel contempo il rispetto dei diritti dei titolari e promuovendo una gestione responsabile delle risorse culturali. È importante che tali istituzioni, al fine di favorire la più ampia fruizione e diffusione della cultura, acquisiscano familiarità con le modalità di applicazione delle licenze aperte e degli strumenti di pubblico dominio forniti da Creative Commons, tenendo conto delle peculiarità dei singoli materiali e dei contesti normativi di riferimento.

Questa consapevolezza, unita a una corretta gestione delle risorse e dei diritti, potrà garantire il successo delle politiche di accesso aperto e contribuire significativamente alla promozione della cultura e alla valorizzazione del patrimonio culturale in un’ottica di sostenibilità e inclusività.

Si resta a disposizione per ogni ulteriore chiarimento.

Cordiali saluti.

Avv. Deborah De Angelis


Desidero esprimere la mia sincera gratitudine a Iolanda Pensa, Sarah Orlandi, Mirco Modolo e Cristina Manasse per i preziosi suggerimenti e i commenti estremamente utili e graditi che mi hanno fornito. Le loro osservazioni hanno contribuito a migliorare la comprensibilità del testo, e sono molto apprezzati. Ovviamente, ogni eventuale errore e/o omissione rimane di mia esclusiva responsabilità.


Questo documento, “Parere legale sull’applicabilità delle licenze Creative Commons BY e BY-SA e degli strumenti CC0 e PDM ad una lista di materiali prodotti dagli istituti culturali e di loro titolarità, commissionato da Wikimedia Italia nell'ambito del progetto Empowering Italian GLAMs”, di Deborah De Angelis/Wikimedia Italia, Roma, marzo 2025, è rilasciato con licenza CC BY SA 4.0.

Note

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  1. Artt. 10 e 11 del Codice dei beni culturali.
  2. Art. 101 del Codice dei beni culturali.
  3. Artt. 107 e 108 del Codice dei beni culturali.
  4. D.M. 11 aprile 2023, rep. n. 161, recava “Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali”, titolo poi modificato dal D.M. 108 del 21/03/2024 in “Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura del Ministero della cultura”.
  5. Per un approfondimento sulle disposizioni regolamentari, si veda qui.
  6. Posizione questa contestata nelle osservazioni rese nel corso della fase di consultazione delle Linee guida da parte di Wikimedia Italia e il Capitolo italiano di Creative Commons per l’inapplicabilità di una licenza di diritto d’autore a contenuti in pubblico dominio, stante l’inefficacia della stessa in tale ambito.
  7. Considerando 38 e art. 14 della Direttiva Open Data, e art. 12 bis del D. Lgs. 8 novembre 200/2021, di recepimento.
  8. cfr. Recommended practices for attribution. https://wiki.creativecommons.org/wiki/Recommended_practices_for_attribution.
  9. Si vedano il Report del CC “Working Group to Investigate Use of CC BY to designate holders of public domain collections” (https://medium.com/creative-commons-we-like-to-share/report-of-the-working-group-to-investigate-use-of-cc-by-to-designate-holders-of-public-domain-679e75c05e8f) e le linee guida di CC “Suggerire agli utenti di indicare gli istituti culturali nei crediti quando utilizzano materiali in pubblico dominio” (https://creativecommons.org/wp-content/uploads/2024/04/Italian-%E2%80%94-Nudging-Users-to-Reference-Institutions-When-Using-Public-Domain-Cultural-Heritage-Materials.pdf).
  10. https://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/.
  11. Si vedano le linee guida di Creative Commons in materia di condivisione dei dati inerenti il clima, ove le raccomandazioni ivi contenute possono essere estensivamente applicabili anche ai dati della ricerca di diversa natura, utilizzando nel CC Chooser la spunta della clausola di attribuzione in CC0; e il Report del Working Group di Creative Commons che ha approfondito l’uso improprio di CC BY per indicare nei crediti il riferimento alle istituzioni culturali.
  12. https://creativecommons.org/publicdomain/mark/1.0/deed.it.
  13. https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/legalcode.it.
  14. Artt. 11, 12 bis, 12 ter, 88 c. 2, della legge sul diritto d’autore (L. n. 633 del 22 aprile 1941). Principio esteso dalla giurisprudenza anche alle altre tipologie di opere dell’ingegno (vedi Cass. n. 8433/2020).
  15. Si specifica che qualora nelle fotografie degli interni siano ritratte persone, in assenza di una liberatoria in tal senso, sarà necessario anonimizzare i volti affinché le stesse non siano riconoscibili, a meno che la riproduzione dell'immagine sia giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto dalla persona ritratta, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione sia collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico (Art. 97 LdA).
  16. rt. 102 undecies e ss LdA.
  17. Si veda Trib. Milano 17.5.1984, in Riv.Dir.Ind. 1987, II, 359.
  18. Si veda Trib. Roma 11.12.2002, in AIDA 2004, 969, pag. 682 ss.
  19. Artt. 73 e 73 bis LdA.
  20. Art. 3 LdA.
  21. Definizione del Ministero della Cultura reperibile al seguente link: https://soprintendenzabrescia.cultura.gov.it/patrimonio-demoetnoantropologico/.